Da Mies van der Rohe a Mangiarotti, il marmo incontra i grandi architetti
Il marmo è un materiale senza tempo: elegante, versatile, già amato e scelto migliaia di anni fa dagli Egizi e i Mesopotamici per i loro imponenti edifici pubblici e templi religiosi.
Il suo fascino ha resistito intatto nei secoli, diventando co-protagonista dell’evoluzione dell’architettura attraverso le pavimentazioni, i rivestimenti, i mobili e le finiture dei raffinati palazzi di tutto il mondo, riuscendo a incarnare di volta in volta lo stile e la tradizione di chi lo ha scelto.
La pressoché infinità cromatica e la sua naturale unicità, si unisce alla possibilità di sottoporlo a vari tipi di lavorazione. È così che dallo stesso materiale è possibile estrapolare numerose rese estetiche, rendendolo parte integrante della storia dell’architettura. Vi riportiamo il lavoro di alcuni lavori di artisti e architetti moderni e contemporanei che hanno saputo portare il marmo ad un nuovo livello interpretativo.
Tra gli architetti storici che l’hanno amato e utilizzato, non possiamo non ricordare Mies van der Rohe.
Il Padiglione Tedesco a Barcellona è tra le sue opere più importanti: si tratta di un piccolo edificio situato ai piedi della collina di Monjuic, progettato in occasione dell’esposizione di Barcellona del 1929.
Il padiglione non era inteso come uno spazio espositivo, ma piuttosto come un luogo di rappresentanza e, in un certo senso, era esso stesso l’oggetto dell’esposizione, mostrando al mondo nuove possibilità architettoniche. L’edificio concepito da Mies è formato da un volume a pianta rettangolare, basato su un modulo quadrato da 1,09 metri nel quale gli spazi fluiscono uno nell’altro senza rigidità, in un continuo dialogo tra interno ed esterno. Il tutto è posto su un podio rivestito in travertino romano alto 1 metro e 30 centimetri, che lo solleva dal suolo.
Nel suo complesso, l’edificio è caratterizzato da semplicità e linearità, a cui viene contrapposto l’uso di materiali pregiati per dare valenza espressiva alle superfici. Oltre al travertino laziale e all’onice, proveniente dalla catena montuosa dell’Atlante, Mies van der Rohe sceglie di usare anche due tipi di marmo verde, uno proveniente dalle Alpi della Val d’Aosta e uno proveniente dalle cave di Tros, in Grecia.
Col passare degli anni, l’amore per il marmo non ha perso ardore, come nel caso del grande innovatore moderno Carlo Scarpa, un nome ed una firma inconfondibile nell’architettura veneziana del Novecento.
Il suo negozio Olivetti in Piazza San Marco a Venezia è diventato un’icona per l’utilizzo di materiali e mosaici in marmo. Acqua, legno, marmo, pietra, ferro, mosaico, vetro di Murano e luce ricorrono sempre nelle sue opere, ed anche in questo progetto non mancano di lasciare il proprio segno.
Il negozio, progettato nel 1958, ha saputo unire architettura, industria e tecnologia nell’uso di linee pulite, geometrie e materiali semplici.
Nonostante lo spazio ridotto, Scarpa è riuscito a creare un’opera di grande respiro e trasparenza, facendo convivere con grande armonia la modernità architettonica e la tradizione veneziana. Il risultato è “uno dei più limpidi capolavori dell’architettura contemporanea”, come affermato dal critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti.
Altro architetto che ha saputo utilizzare al meglio il marmo per creare progetti innovativi è Giò Ponti, con la sua Villa Planchart a Caracas. Erano gli anni ‘50, e in Venezuela era l’età dell’oro grazie al petrolio. La villa è un autentico spettacolo di spazi, trasparenze e piani sfalsati che danno un effetto sospeso. Lo stile è arioso, leggero e penetrante.
Il marmo è l’elemento cardine di tutta la struttura, utilizzato nei pavimenti pregiatissimi e nelle pareti, creando stupendi giochi geometrici e cromatici.
Particolarmente degno di nota è lo spogliatoio della committente, Anala Planchart, realizzato in marmo di Candoglia rosato, lo stesso utilizzato per le guglie del Duomo di Milano.
Nel frattempo, il marmo ha preso nuove rotte, emancipandosi dalla visione di materiale per soli rivestimenti e incontrando un nuovo capitolo della sua storia nell’ambito degli interni. Un esempio perfetto sono i tavoli “Eros” di Mangiarotti, mobili a incastro privi di giunzioni e serraggi.
Da intendersi come vera e propria soluzione costruttiva, più che come semplice oggetto d’arredo, si basano sulla gravità e sul peso del marmo per sigillare l’incastro tra gamba e piano, garantendo il bloccaggio nella posizione definita e la stabilità della struttura nella sua complessità.
Infine, arriviamo a Renzo Piano, che lo ha eletto protagonista per la sua Valletta City Gate di Malta, un edificio che è perfetto esempio dell’incontro tra antico e moderno.
La richiesta era infatti quella di creare un palazzo contemporaneo che si integrasse con l’area circostante. È stato l’uso della pietra locale, il “marmo maltese” dalla caratteristica nuance di giallo, a permettere di centrare questa ambizione. Inoltre, al rivestimento delle facciate del palazzo è stata conferita un’importante duplice funzione energetica: controllo della luce, per degli interni luminosi, e regolazione della temperatura, proteggendo l’ambiente interno dal calore.
Nessun commento