Artisti che lavorano il marmo: dall’Italia al mondo pt. 2
Continua la rassegna degli artisti che lavorano il marmo: dall’Italia al mondo, modi nuovi di interpretare e dar vita al marmo, da sempre materiale d’elezione per progetti artistici in cui si fondono l’amore per il bello e la critica sociale.
Per un excursus più completo, non perderti la prima parte!
VITO VALENTINO CIMAROSTI
Scultore italiano di origini comasche, Cimarosti è tra gli artisti che lavorano il marmo diplomato all’Accademia di Belle Arti “Brera” di Milano. Attivo sin dal 1983, i suoi lavori spaziano dallo studio della figura umana alla rappresentazione di diverse idee, soggetti e concetti.
Collabora attivamente con numerose realtà e aziende sul territorio, e le sue opere sono esposte in collezioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.
Tra le sculture degne di nota, “Eco”, realizzata in marmo Bianco Statuario di Carrara, rappresenta una ninfa che si è consumata di desiderio e a cui è rimasta solo la voce, simbolo di un eterno senso di mancanza che ci spinge a proiettarci sempre oltre.
O ancora “Nuvola”, realizzata in marmo Bianco Lasa dell’Alto Adige, che vuole simboleggiare l’inafferrabilità, un tratto distintivo dell’anima femminile, oltre alla libertà dai pregiudizi patriarcali e la libertà di esplorare oltre gli orizzonti.
TEO MARTINO
Teo Martino è un giovane scultore piemontese. Classe ‘90, fin dall’età di 17 anni si dedica alla lavorazione del marmo, scoprendo un grande amore per questo materiale. Dal 2022 entra a far parte a tutti gli effetti del gruppo di artisti che lavorano il marmo, avviando la sua carriera artistica e realizzando sculture che si fanno portavoce di una feroce critica sociale, spaziando dalla guerra, al consumismo, alla perdita di legami in un mondo sempre più connesso. I soggetti non sono mai casuali, ma portano con sè un messaggio che parla di evoluzione, educazione e spiritualità.
Tra le sue opere, ricordiamo “Baby Boom America”, realizzata in marmo bianco e marmo nero: una perfetta riproduzione di una granata, simbolo della potenza militare americana ma anche del colonialismo occidentale, delle guerre che imperversano ancora oggi in ogni angolo del mondo.
Anche “Can I touch your heart?” è realizzata in marmo nero e marmo bianco, riproducendo un oggetto simbolico della modernità e del consumismo: l’Apple Watch. Una macchina a cui abbiamo insegnato noi ad ascoltare il nostro cuore, cuore che ormai di rado ci fermiamo ad ascoltare veramente durante la giornata, perchè circondati da una perenne frenesia.
MASSIMILIANO PELLETTI
Originario di Pietrasanta, famoso borgo da sempre legato alla lavorazione del marmo e caratterizzato dalla presenza di numerose botteghe di artigiani, Massimiliamo Pelletti si dedica fin dalla giovane età a scoprire i segreti del marmo, seguendo le orme di famiglia.
Il suo lavoro prende origine dal marmo e arriva a inglobare una più vasta scelta di materiali come quarzi, onici, calcari e altre pietre, sfruttando ogni elemento caratteristico presente nelle rocce che la natura mette a disposizione. I soggetti, modelli classici ereditati dal nonno, sono trattati con rigorosa attenzione compositiva. Ne sono un esempio opere come “Blue Wave”, una testa in Onice Bianco e Sodalite Blu sapientemente intrecciati per un effetto unico, o “Veiled Trust”, una testa velata realizzata interamente in Onice Verde.
ROLAND MIKHAIL
Roland Mikhail, oltre a far parte degli artisti che lavorano il marmo, è pittore, educatore e scultore. Insegna al Pratt Institute ed è artista in residenza al North American Sculpture Center.
Figlio di immigrati egiziani di prima generazione, Mikhail ha trascorso l’ultimo decennio scavando nella sua infanzia e portando alla luce le parti in ombra della sua psiche, viaggio che si riflette anche nel suo lavoro, terreno fertile per un’indagine profonda nei regni della mitologia, del simbolismo e del sacro.
Nell’ambito della scultura, i suoi lavori più conosciuti – entrambi realizzati in marmo Statuario – sono “Eclipse”, una testa di cavallo in sofferenza, e “Even God’s have to be born”, una riproduzione di un infante pacificamente addormentato. La figura del bambino ricorre spesso nel lavoro di Mikhail, poiché è simbolo, da un lato, della storia personale di ognuno di noi, ma anche del futuro e del potenziale illimitato di tutta l’umanità.
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